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Gibellina, in provincia di Trapani, è uno dei più bei musei di arte moderna a cielo aperto. Ma i suoi abitanti ... non lo sanno. O meglio, lo sanno, ma vogliono ignorarlo, dimenticarlo. Perchè, se il progetto è originale, interessante e sicuramente molto turistico per il territorio, allo stesso tempo ha cancellato un'identità antica e contadina che non lo meritava.
Se voleste vedere come era Gibellina - anzi, dove era - prima del terremoto del 1968 dovreste andare 11 km più a monte rispetto alla cittadina attuale. Là dove il terremoto aveva lasciato le rovine del piccolo paese di agricoltori e di pastori situato sul fianco di un colle ("gibellina", da "gebel", montagna) oggi si apre la "scultura in cemento più grande del mondo", il Cretto di Burri.
Cretto di Burri |
Dopo il disastroso sisma, la zona del Belìce era in ginocchio e bisognava trovare in fretta i soldi per ricostruire la maggior parte dei paesi. E mentre le amministrazioni chiedevano a gran voce l'aiuto dei più grandi artisti contemporanei del periodo, la mafia allungava le mani sull'affare delle nuove case, convincendo gli abitanti a trasferirsi in pianura, sui terreni di un boss locale che ha lucrato - parecchio - sul disastro. La bellezza di Gibellina città-museo venne creata in buona fede, ma per gli abitanti ancora feriti dalla perdita del proprio piccolo mondo fu quasi una violenza carnale! Le macerie di Gibellina vecchia furono interamente ricoperte di cemento, facendo nascere così il labirinto di cemento di Burri "scultura visibile perfino dallo spazio". E il nuovo paese, a 11 km di distanza, fu rielaborato secondo il gusto e le idee di grandi architetti, scultori e designer milanesi, torinesi, comunque "stranieri" - distaccati dalla realtà locale - che portarono il futurismo tra le mucche e le campagne. Ma senza chiedere il parere degli abitanti.
Oggi si va a Gibellina per ammirare: i cinque immensi spazi del Sistema delle Piazze (di Purini e Thermes), la Piazza del Comune (di Gregoretti e Samonà) dove ruote di cemento e campanili di calcestruzzo e ceramica riempiono di geometrie uno spazio gigantesco. Per ammirare la enorme sfera bianca della Chies Madre (progetto di Quaroni) bisogna davvero alzare molto il capo. E poi ancora, la Montagna di Sale, la Porta del Belìce ... megaliti di metallo, pietra, cemento e ferro che però non sposano l'identità della gente del posto. Che di fatto li snobba, li subisce, e non li vive pienamente.
Molto più "umani" e calati nel territorio invece i murales comparsi di recente lungo la via della Marina a Palermo. Vecchi palazzi fatiscenti sono stati decorati con dipinti enormi (spesso alti quanto tutta la palazzina) che rappresentano simboli e miti della città e di chi la vive. Il patrono dei pescatori dunque fa compagnia ai simboli arabi e ai volti generosi dei giudici Falcone e Borsellino, affacciati davanti agli yacht che galleggiano docilmente sul mare.
Gibellina, in the district of Trapani, is one of the most beautiful open-air modern art museums. But its inhabitants ... they don't know it. Or rather, they know it, but they want to ignore it, forget it. Because, if the project is original, interesting and certainly very touristic for the area, at the same time it has canceled an ancient and peasant identity that did not deserve to disappear.
If you want to see what Gibellina was like - or rather, where it was - before the 1968 earthquake, you have to go 11 km upstream from the current town. Where the earthquake had left the ruins of the small village of farmers and shepherds, located on the side of a hill ("gibellina", from "jebel", mountain) today you see the "largest concrete sculpture in the world", the Cretto Labyrinth by Burri.
After the disastrous earthquake, the Belìce area was on its knees and money had to be found quickly to rebuild most of the towns. And while the administrations clamored for the help of the greatest contemporary artists of the period, the mafia reached out to the deal for new houses. They convinced the inhabitants to move to the plains, on the land of a local boss who made a profit - and quite a lot! - about the disaster. The beauty of Gibellina as a city-museum was created with good intentions, but for the inhabitants still wounded by the loss of their own little world it was almost a rape! The rubble of old Gibellina was entirely covered with concrete, thus giving birth to the cement labyrinth of Burri "a sculpture visible even from space". And the new town, 11 km away, was reworked according to the taste and ideas of great architects, sculptors and designers from Milan, Turin, however "foreigners" - detached from the local reality - who brought futurism to the cows and the countryside. But without asking the inhabitants' opinion.
Today you go to Gibellina in order to admire: the five immense spaces of the System of Squares (byMurales, Palermo
architects Purini and Thermes), the Town Hall Square (by Gregoretti and Samonà) where weird stone wheels and concrete-and-ceramic bell towers fill a gigantic space with geometries. In order to admire the huge white sphere of the Main Church (Quaroni's project) you really need to raise your head a lot. And then again, the Mountain of Salt, the Belìce's Gate ... megaliths of metal, stone, concrete and glass which, however, do not marry the identity of the locals. The inhabitants in fact snub them, suffer them, and do not live them fully.
Much more "human" and part of the territory are, instead, the murals that have recently appeared along the Via della Marina in Palermo. Old dilapidated buildings have been decorated with huge paintings (often as high as the whole building) that represent symbols and myths of the city and of those who live there. The patron saint of fishermen therefore keeps company with the Arab symbols and the generous faces of the judges Falcone and Borsellino, looking out in front of the yachts that float docilely on the sea.
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